Civiltà o falso Civismo, la differenza che sta alla base della vita sociale

Civiltà o falso Civismo, la differenza che sta alla base della vita sociale

La comprensione di questi due termini determina i nostri comportamenti

Non è una semplice sottigliezza linguistica, ma una differenza che implica un impatto notevole nei rapporti interpersonali e sociali della nostra complessa società.

Si fa un gran parlare, soprattutto sui social media, di senso di responsabilità e di senso civico. Spesso però, come spesso avviene, alle parole non seguono i fatti e neppure le attuazioni di quanto esposto in teoria.

In ogni espressione c’è alla base una buona intenzione, ma come sosteneva William Shakespeare: “Hell is paved of good intentions”, l’inferno è lastricato di buone intenzioni.

Nel dizionario, al lemma “civismo” troviamo la seguente definizione: “Sensibilità per le esigenze della comunità in cui il cittadino vive; senso dei propri doveri di cittadino”. In realtà questo aspetto viene interpretato esclusivamente in senso esteriore. Ovvero si usa per dimostrare di agire secondo civiltà.

Mi permetterò quindi la licenza, in questo articolo, di scrivere “civismo” per identificare quel particolare tipo di comportamento malato.

Scrivere sui social una notizia corretta e costruttiva è civiltà. Riportare una notizia sullo stesso social, senza averla verificata, è civismo. Spesso chi si comporta nel secondo dei modi crede di aver reso un servizio pubblico, e tacita la sua coscienza in senso civico. In realtà questa è una falsa impressione.

Predicare bene e razzolare male è civismo. Ma è civismo anche esprimere solo un’opinione senza cercare di approfondire il senso della stessa. Lasciare fuori il naso dalla mascherina è civismo. Pretendere senza dare è civismo. Non adeguarsi alle leggi quando non le si comprendono è civismo.

Ma se scendiamo al cuore dei significati scopriamo che anche i concetti più alti possono essere messi in discussione da un comportamento dettato dal civismo, piuttosto che quelli conseguenti alla civiltà.

La Libertà stessa, quella scritta con la L maiuscola è soggetta anch’essa a queste accezioni.

Chiedere di potersi comportare come piace è civismo. Si raggiunge lo status di civiltà quando ci si chiede quanto il nostro “libero” comportamento possa nuocere, o anche solo infastidire o limitare i diritti e le sensibilità altrui.

Non basta infatti pensare: “sono libero e quindi faccio ciò che mi garba”. Si tratta del più lampante caso di civismo. Apparentemente pare un concetto giusto, ma in realtà nasconde un’insidia pericolosissima. Comportarsi senza valutare le conseguenze oppure le ripercussioni di una nostra “libertà”, mette a dura prova il concetto stesso di Libertà. Ne nascono infatti conflitti sui rispettivi diritti.

Sant’Agostino, religioso, ma soprattutto una delle menti più fervide dell’Umanità e fine filosofo, suddivideva la libertà in Libertas Minor e Libertas Maior. La prima era l’espressione tipica del civismo, ovvero il far ciò che piace. La seconda, traduzione di vera civiltà, veniva definita dal santo come la gioia di fare ciò che è giusto.

Ecco quindi che cadiamo inevitabilmente nei concetti filosofici del giusto e del buono. La civiltà infatti è l’espressione di quel comportamento che comprende entrambi: il buono e il giusto, senza tralasciarne uno. Non basta fare ciò che è buono (magari per noi o i nostri cari), ma non è giusto. E in molti casi non si deve fare ciò che è esclusivamente giusto se questo lede la sensibilità del prossimo.

Può apparire un’esagerazione, ma solo con questo tipo di attenzione ha senso un vivere in comunità.

Non si può pretendere di costruire una societas senza prendere in considerazione questi aspetti. Ed ecco perché il civismo va contro il concetto stesso di libertà.

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